Giornata della fauna selvatica: arriva il report di Legambiente

I parchi e le aree naturali sono preziosi alleati per frenare la perdita di biodiversità, tutelare la fauna selvatica, contrastare la crisi climatica e mantenere efficienti gli ecosistemi

Stambecco, aquila reale, orso marsicano, lupo, camoscio appenninico, scarpetta di Venere e gatto selvatico. Sono loro quest’anno i magnifici sette al centro del report di Legambiente dal titolo“Natura Selvatica a rischio in Italia” in cui l’associazione ambientalista fa il punto sulla biodiversità della nostra Penisola rendendo omaggio, con un focus ad hoc, ad alcune specie presenti nel Parco nazionale del Gran Paradiso (PNGP) e nel Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM), le due aree protette più antiche della Penisola e che festeggiano cento anni di storia.

Alcune delle sette specie analizzate sono comuni ad entrambi i parchi – come l’aquila reale, il lupo e la scarpetta di Venere –  altre invece sono caratteristiche solo di una particolare area, come nel caso dell’orso bruno marsicano e del camoscio appenninico, ma tutte costituiscono esempi di specie prioritarie da tutelare e in alcuni casi fortemente minacciate (come ad esempio nel caso della la scarpetta di Venere, dell’orso bruno marsicano e del gatto selvatico), che si ergono a simbolo delle attività di conservazione della natura e in qualche modo ambasciatrici di territori di incomparabile bellezza ed importanza.

Specie che in questi anni sono state protette e tutelate grazie al prezioso lavoro dei parchi, presidi sicuri di conservazione attiva di tante specie a rischio oggi sempre più minacciate dalla perdita e frammentazione degli habitat, dalla crisi climatica, dal bracconaggio, dall’uso di bocconi avvelenati, dall’ibridazione, dall’introduzione di specie invasive, dall’attività antropica, solo per citarne alcuni. Per ogni specie l’associazione ha realizzato una carta d’identità, con info sulla specie, sulle minacce, sugli scenari futuri e le azioni da mettere in campo.

Per prima cosa è fondamentale incrementare entro il 2030 le aree protette e le zone di tutela integrale e prevedere una strategia e azioni di adattamento e di mitigazione al cambiamento climatico per la biodiversità a rischio. Un appello che Legambiente rilancia, insieme al suo report, alla vigilia del World Wildlife Day (WWD), la giornata mondiale della natura selvatica dedicata quest’anno al recupero di specie chiave per il ripristino dell’ecosistema. E i magnifici sette scelti dall’associazione ben raccontano, insieme all’esperienza virtuosa dei due parchi più antichi d’Italia che hanno saputo mettere in campo azioni e attività importanti per evitarne l’estinzione o per ridurre i rischi, quanto sia fondamentale il recupero, la gestione e la tutela della biodiversità.

“Il decennio 2020-2030 – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambientesarà cruciale per la tutela della fauna selvatica a rischio e minacciata sempre più anche dalla crisi climatica, come ha ribadito anche l’ultimo rapporto dell’IPCC dell’ONU. In questi anni il nostro Paese in termini di tutela della fauna selvatica ha raggiunto risultati positivi, ma che deve trovare una più ampia concretizzazione nell’aggiornamento della Strategia Nazionale per la Biodiversità che deve scaturire da un percorso di partecipazione di tutti i portatori di interesse e dalla condivisione tra tutte le istituzioni. Un percorso che deve anche essere finanziato e integrato con le altre strategie nazionali e comunitarie per raggiungere diversi obiettivi a partire dall’incremento fino al 30% delle aree protette entro il 2030. Il modello “Parco” è un esempio da incentivare, aumentando la superficie protetta del territorio e adottando misure efficaci per affrontare le cause di perdita di biodiversità e salvaguardare le specie a rischio”.

“Una corretta gestione della fauna selvatica – aggiunge Antonio Nicoletti, Responsabile Nazionale Aree Protette e Biodiversità di Legambiente ha bisogno di riforme e di un aggiornamento delle norme nazionali agli indirizzi comunitari. Rafforzare la tutela di specie a rischio e ridurre i tanti conflitti sociali aperti che rischiano di implodere è nell’interesse, in primis, delle aree protette che sono gli enti più esposti poiché dovranno garantire i successi raggiunti nella salvaguardia di specie a rischio e che oggi sono ancora senza strumenti di pianificazione adeguati. Le problematiche di gestione del lupo e dell’orso bruno dimostrano, ad esempio, che per difendere la biodiversità ci vuole innanzitutto capacità istituzionale di gestire la complessità territoria­le, partendo da obiettivi condivisi, conciliando le esigenze delle attività antropiche con la presenza di vitali po­polazioni di fauna selvatica, accompagnando i processi con una potente azione di informa­zione, formazione e coinvolgimento attivo dei diversi portatori di interessi”.

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Michele Mattei

Nato a Tivoli nel 1994, dopo il diploma di maturità scientifica si è laureato in Comunicazione Pubblica e d’Impresa e in Media, Comunicazione Digitale e Giornalismo presso la facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione dell’Università degli Studi di Roma "La Sapienza". Appassionato di storia e di sostenibilità, attualmente scrive articoli per diverse testate e si occupa di volontariato con il Servizio Civile Nazionale in ambito sociale, culturale e ambientale.