Ecco l’indagine shock condotta negli allevamenti di animali da pelliccia

Gli attivisti denunciano molteplici violazioni negli allevamenti di animali da pelliccia alle autorità cinesi, compresa la mancanza di controlli anti-Covid nonostante i rischi di trasmissione.

Prove video inquietanti, contenenti immagini di estrema sofferenza, raccolte in diversi allevamenti di animali da pelliccia in Cina, sono state rilasciate da Humane Society International nell’ambito della propria azione globale per porre fine all’industria delle pellicce e per denunciare la crudeltà verso gli animali negli allevamenti di tutto il mondo; incluso in Cina, Finlandia, Stati Uniti e Italia. Sebbene in Italia non ci siano allevamenti di volpi o cani procione, quelli di visoni sono ancora operativi (anche se sospesi per tutto il 2021) e vengono importate pellicce da diversi paesi, tra cui la Germania, la Francia, la Cina, la Spagna, i Paesi Bassi, il Belgio, gli Stati Uniti e la Russia.

Nel 2019, il valore delle pellicce grezze e conciate, nonché degli articoli di pellicceria importati è stato di 478 miliardi di dollari; di cui il 7,34% (35,1 miliardi di dollari) dalla Cina. Sebbene i capi d’abbigliamento di pelliccia siano ancora abbastanza diffusi, HSI ritiene che una maggiore consapevolezza da parte dei consumatori sulla sofferenza degli animali coinvolti, porterà ad una diminuzione degli acquisti di questi prodotti in Italia; così come è successo in altre parti del mondo, ad esempio nel Regno Unito.   

L’investigazione, condotta in 13 allevamenti di animali da pelliccia tra novembre e dicembre 2020, rivela violazioni di molte delle norme cinesi sul benessere animale; l’allevamento; la macellazione e la sorveglianza epidemiologica. Genera preoccupazione, inoltre, la dichiarazione di un allevatore che ammette che la carne degli animali uccisi viene venduta ai ristoranti locali; proprio per il consumo umano da parte di ignari commensali. In un altro allevamento, le immagini mostrano cani procione sottoposti a elettrocuzione eseguita approssimativamente. Secondo gli esperti, questo avrebbe causato la paralisi degli animali che erano ancora pienamente coscienti mentre sperimentavano una morte lenta e agonizzante per arresto cardiaco. I filmati presentano anche file di volpi ingabbiate che manifestano i classici comportamenti stereotipati e i sintomi da stress ed esaurimento; dovuti alla totale privazione di stimoli ambientali.

Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Humane Society International, ha dichiarato: “Gli italiani rimarranno scioccati dalla triste e crudele realtà che le abili strategie di marketing dell’industria riescono a nascondere. Oltre alla sofferenza, l’investigazione di HSI negli allevamenti cinesi, rivela una quasi totale mancanza di misure per il controllo epidemiologico. Questo è estremamente preoccupante, considerando che visoni, cani procione e volpi sono suscettibili ai coronavirus. L’Italia importa miliardi di euro in pellicce dalla Cina e da molti altri paesi e non c’è assolutamente nulla che impedisca di vendere ai clienti italiani pellicce provenienti da allevamenti come quelli che abbiamo filmato. Sempre più marchi di moda e stilisti italiani di fama internazionale come Armani, Gucci, Prada, Miu Miu e Versace hanno adottato politiche fur-free. Chiediamo ai consumatori di avere a cuore gli animali, facendo scelte informate a favore di alternative fur-free che non prevedono l’uccisione di esseri senzienti per la moda”.

Dalle immagini si evince che, in molti degli allevamenti oggetto delle indagini di HSI, i cani procione sono stati uccisi per elettrocuzione; ossia con degli elettrodi fissati su un bastone appuntito e collegati a una batteria ad alta tensione. Uno ad uno gli animali, trafitti in parti casuali del corpo, hanno ricevuto una scossa elettrica che li ha paralizzati ma non uccisi all’istante, poiché l’uso sbagliato di questo metodo non ha attraversato il cervello. 

Il Professor Alastair MacMillan, consulente veterinario di HSI, ha affermato: “Gli animali in questo video sono stati sottoposti a un’elettrocuzione violenta sul corpo e non nel cervello, il che significa che è molto probabile che abbiano sperimentato diversi minuti di estremo dolore fisico e sofferenza, simile ai sintomi dell’infarto. Invece della morte istantanea, è probabile che siano stati immobilizzati dalle scosse elettriche, rimanendo coscienti e provando l’intenso dolore dell’elettrocuzione”.

Nonostante l’indagine di HSI abbia avuto luogo durante la pandemia di Covid-19, nessuno degli allevamenti ha seguito le misure minime di biosicurezza. Contrariamente a quanto stabilito dai regolamenti cinesi, mancavano stazioni di disinfezione all’entrata e all’uscita e i visitatori erano autorizzati ad andare e venire senza che fosse loro richiesto di osservare alcuna precauzione. Alla luce di almeno 422 focolai di Covid-19, in 289 allevamenti di visoni da pelliccia, in 11 diversi paesi in Europa e Nord America dall’aprile 2020, e considerato che che anche i cani procione e le volpi possono contrarre il coronavirus, la mancanza di rispetto delle misure di sicurezza è estremamente preoccupante. HSI ha fornito le prove raccolte alle autorità cinesi, sia a Pechino sia a Londra.

L’industria delle pellicce cinese è la più grande al mondo. Nel 2019 la Cina ha allevato 14 milioni di volpi, 13,5 milioni di cani procione e 11,6 milioni di visoni; destinati anche all’esportazione oltreoceano in paesi come l’Italia. Nonostante l’orribile crudeltà riscontrata in questi allevamenti, è dimostrabile che la sofferenza degli animali è una conseguenza diretta dell’industria mondiale delle pellicce, indipendentemente dal paese di provenienza.

Secondo Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Humane Society International: Anche se questa indagine ha avuto luogo in Cina, scene altrettanto angoscianti di animali stressati, tenuti in piccole gabbie metalliche, si riscontrano negli allevamenti sia in Nord America sia in Europa, Italia compresa. L’allevamento intensivo di animali da pelliccia comporta sempre enormi sofferenze e un rischio inaccettabile per la salute pubblica. Mentre il Governo italiano non ha autorità sugli allevamenti di animali da pelliccia all’estero, dovrà decidere sul futuro di questa industria in Italia. Un divieto permanente è l’unica soluzione accettabile”.

Photo by Jo-Anne McArthur on Unsplash

Michele Mattei

Nato a Tivoli nel 1994, dopo il diploma di maturità scientifica si è laureato in Comunicazione Pubblica e d’Impresa e in Media, Comunicazione Digitale e Giornalismo presso la facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione dell’Università degli Studi di Roma "La Sapienza". Appassionato di storia e di sostenibilità, attualmente scrive articoli per diverse testate e si occupa di volontariato con il Servizio Civile Nazionale in ambito sociale, culturale e ambientale.