Paradosso visoni: allevamenti chiusi, ma animali ancora in gabbia

Dal 1° gennaio di quest’anno in Italia è vietato allevare animali con la finalità di ottenerne la pelliccia, ma resta il problema paradossale dei circa 5.700 visoni riproduttori ancora detenuti negli stabilimenti destinati alla chiusura

Dal 1° gennaio di quest’anno, come stabilito dalla Legge di bilancio 2022 (L. 234 del 30 dicembre 2021, art. 1, commi 980-984), in Italia è vietato allevare animali con la finalità di ottenerne la pelliccia: è una vittoria storica per la quale le associazioni si battono da sempre. Resta il problema dei circa 5.700 visoni riproduttori ancora detenuti, in deroga e ormai oltre la scadenza del 30 giugno stabilita per legge, negli stabilimenti destinati alla chiusura: per legge, entro il 31 gennaio il Ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli (di concerto con i Ministri della Salute Roberto Speranza e della Transizione ecologica Roberto Cingolani) avrebbe dovuto disciplinare non solo i criteri e le modalità di indennizzo per gli allevatori, ma anche l’eventuale cessione degli animali ancora rinchiusi negli stabilimenti e il loro trasferimento, a determinate condizioni, in strutture gestite direttamente da associazioni animaliste o in collaborazione con le stesse.

Nonostante la costante pressione delle organizzazioni Essere Animali, Humane Society International/Europe, LAV, LEIDAA e le recenti assicurazioni del Sottosegretario alle Politiche agricole Gian Marco Centinaio in Parlamento, del decreto attuativo, con le previsioni su indennizzi e cessione, al momento non si hanno notizie.

La legge di bilancio consente agli allevatori di detenere gli ultimi visoni rimasti nelle strutture “per il periodo necessario alla dismissione delle stesse e comunque non oltre il 30 giugno 2022”. A cinque mesi dalla scadenza per la pubblicazione del decreto, e con il termine per la dismissione ormai scaduto, il Ministro non ha rispettato la legge, lasciando migliaia di animali a languire nelle gabbie. Il risultato è paradossale: l’allevamento è vietato, ma 5.700 animali soffrono ancora negli stabilimenti, mentre alcuni, quantomeno, avrebbero già potuto essere trasferiti in strutture specializzate nella detenzione di animali selvatici, nel rispetto, allo stesso tempo, delle loro esigenze etologiche e dei ragionevoli criteri di igiene e biosicurezza.

In questi mesi Essere Animali, Humane Society International/Europe, LAV, LEIDAA hanno fatto il possibile per richiamare i ministri alle loro responsabilità: hanno chiesto l’istituzione di una consulta tra tutte le parti interessate alla attuazione della normativa; hanno dato disponibilità all’accoglimento di alcuni animali in base a precisi protocolli; hanno fatto presentare Interrogazioni parlamentari; hanno incontrato il 6 maggio il Ministro Patuanelli e, da ultimo, hanno fornito una proposta di requisiti minimi strutturali e gestionali per la detenzione dei visoni in strutture diverse da quelle con finalità commerciali.

“Spiace constatare che, dopo uno straordinario risultato come il divieto di allevare animali per ricavarne pellicce, ottenuto con anni di campagne delle associazioni e dei cittadini italiani e grazie all’impegno dello stesso governo Draghi (che fece proprio inserendolo nel maxiemendamento approvato il 24 dicembre al Senato, proposto dall’On. Michela Vittoria Brambilla e presentato dalla Sen. Loredana De Petris), il Ministro Patuanelli non abbia portato a termine il lavoro entro la scadenza prevista, lasciando gli animali a soffrire nelle gabbie”. Così affermano le organizzazioni.

Il divieto di allevamento di animali destinati alla produzione di pellicce è un traguardo storico, che eviterà, stando ai dati dell’ultimo ciclo produttivo negli allevamenti italiani (2019), lo sfruttamento di 60.000 visoni l’anno. I visoni rimasti sono 5.736 (dato aggiornato a maggio) e sono stabulati tra Lombardia, Emilia-Romagna, Abruzzo. Si tratta di animali riproduttori, ossia quelli che nel 2021 avrebbero dovuto avviare un nuovo ciclo produttivo che però era stato fermato dalle misure anti-Covid del ministero della Salute, poiché il concentramento di migliaia di visoni in allevamenti intensivi costituisce notoriamente un potenziale serbatoio per la diffusione del virus SARS-CoV-2 e, soprattutto, di sue nuove varianti. Tra il 2020 e il 2021 sono stati accertati due focolai in allevamenti italiani di visoni.

Negli anni 2021 e 2022, il divieto di riproduzione dei visoni disposto prima con Ordinanza del Ministro della Salute e poi diventato divieto permanente di allevamento per legge, ha già evitato la nascita e l’uccisione di non meno di 120.000 animali.

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Michele Mattei

Nato a Tivoli nel 1994, dopo il diploma di maturità scientifica si è laureato in Comunicazione Pubblica e d’Impresa e in Media, Comunicazione Digitale e Giornalismo presso la facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione dell’Università degli Studi di Roma "La Sapienza". Appassionato di storia e di sostenibilità, attualmente scrive articoli per diverse testate e si occupa di volontariato con il Servizio Civile Nazionale in ambito sociale, culturale e ambientale.