Una nuova agenda europea per l’innovazione

Una nuova agenda europea per l’innovazione
Versione italiana dell’articolo: “A new European Innovation Agenda”, pubblicato in Open Access Government, 21 febbraio 2023

di Maurizio Mensi

  1. Gli obiettivi. Promuovere la competitività dell’Europa ed il benessere dei suoi cittadini colmando il divario tra Stati membri e regioni: questo il principale obiettivo della nuova agenda europea per l’innovazione proposta dalla Commissione nel luglio 2022 per rimediare al “paradosso europeo”: vale a dire una limitata capacità di tradurre le scoperte scientifiche in successi industriali e commerciali. La stessa sovranità digitale e l’indipendenza tecnologica, temi sui quali l’UE è fortemente impegnata, sono strettamente legati alla qualità della ricerca e dell’innovazione.
    L’innovazione è un processo basato sull’interazione e la cooperazione tra attori pubblici e privati. Coinvolge centri di ricerca, università, aziende, organizzazioni e agenzie governative e caratterizza un ecosistema fatto di conoscenze, competenze, capacità individuali e collettive alimentate dalla ricerca scientifica e dalle sue applicazioni. In tale processo entrano in gioco incentivi economici, il sistema formativo, il quadro regolamentare. Il grado di innovazione di un paese concorre a definirne il livello di sviluppo e la dimensione economica e sociale. La cultura dell’innovazione, a cui spesso si fa riferimento nel dibattito pubblico, comprende valori, norme e modelli di comportamento.
    È dagli anni ’60 che la Commissione europea considera l’innovazione componente essenziale della politica di ricerca, ma è solo a partire dagli anni ’70 che la collega alle politiche industriali tramite interventi di finanziamento, formazione, agevolazioni fiscali, standard e diritti di proprietà intellettuale*. Nel 2000 l’adozione della Strategia di Lisbona fornisce nuovi stimoli alla politica di innovazione tramite l’”economia della conoscenza” e l’integrazione delle misure adottate a livello centrale e locale. Il principale problema è infatti quello della frammentazione legata a diversi quadri normativi, governance e strumenti di intervento. Poiché a livello europeo la politica dell’innovazione è per lo più di competenza delle regioni, un intervento di ridefinizione del livello d’azione più efficace (UE, nazionale, regionale) è necessario per migliorare il coordinamento e ridurre il divario territoriale.
  2. La nuova agenda europea. Tutto questo è racchiuso nella nuova agenda europea per l’innovazione, articolata intorno a cinque iniziative faro, sulla quale il Comitato economico e sociale ha reso il suo parere il 14 dicembre 2022. Rilevante è la necessità di colmare le lacune in materia di “scale-up” (imprese in fase di espansione) e “deep tech” che si registrano attualmente nell’UE rispetto a paesi terzi in cui le imprese tecnologiche in fase di crescita sono più diffuse, così come l’importanza di finanziare le infrastrutture di sperimentazione e di prova a supporto delle start-up. A ciò si aggiunge la proposta di creare “valli regionali dell’innovazione” per rafforzare e collegare meglio gli attori dell’innovazione anche nelle regioni in ritardo di sviluppo, attirando e trattenendo i talenti tramite la formazione e assicurando un maggiore sostegno alle donne innovatrici. Significativa poi la proposta di dare la precedenza ai progetti di innovazione interregionali legati alle principali priorità UE (come la sostenibilità), con la partecipazione congiunta delle regioni meno e più innovative. Emerge peraltro l’esigenza non solo di promuovere le start up, ma rendere innovativo l’intero sistema industriale, comprese le aziende tradizionali, soprattutto ora che l’Europa fronteggia sfide globali (6G, intelligenza artificiale, cybersicurezza, Quantum computing, moneta digitale e metaverso) in competizione con paesi che non condividono i suoi stessi valori e non garantiscono diritti analoghi a cittadini e imprese.
  3. Un sistema integrato. Come emerso durante l’emergenza sanitaria, la formula vincente è basata su un sistema integrato in cui l’innovazione e la ricerca sono sostenute da regole e procedure ben definite e allineate con i più avanzati strumenti tecnologici (come avviene per esempio a Taiwan, Singapore, Israele e Corea del Sud). Il tema dell’innovazione riguarda peraltro anche la democrazia. Si tratta infatti di decidere come e quali regole applicare alla tecnologia (si consideri per esempio il caso di ChatGPT, sistema basato sull’intelligenza artificiale nato nel dicembre 2022 per interagire con l’utente tramite un linguaggio naturale basato su reti neurali). Questo per abilitare i cittadini ad un suo uso consapevole e responsabile, laddove i più avanzati strumenti digitali incidono sempre più sui meccanismi di formazione del consenso e toccano la sfera più intima degli individui.
    Per esempio, la diffusione su larga scala del Quantum Computing è destinata a rivoluzionare l’intero sistema decisionale. Infatti, oltre alla “semplice” espansione della potenza di calcolo dell’Intelligenza artificiale, il Quantum Computing introduce una novità qualitativa. Mentre i processi algoritmici “tradizionali” sono deterministici e quindi sempre ricostruibili, con il Quantum Computing diventa possibile creare comunicazioni tra due o più soggetti che non possono essere ricevute da nessuno. Insomma, i risultati del calcolo non sono pienamente comprensibili sulla base degli input e delle regole predefinite.
    Se la conoscenza dell’algoritmo come diritto della persona costituisce uno degli elementi centrali della normativa UE in tema di IA, con il Quantum Computing ciò non sarà più possibile, con rilevanti conseguenze in termini di trasparenza, responsabilità e conoscibilità del risultato finale.
  4. Regole e democrazia. In sostanza, questo comporta la necessità di adattare i nostri consolidati meccanismi democratici alla “disruptive innovation” tuttora in corso, ridefinendo procedure, organizzazione, strumenti.
    Occorre per esempio aggiornare l’area della regolazione pubblica messa alla prova dall’evoluzione tecnologica, definendo standard di qualità e adeguati strumenti di identificazione e misurazione. In vista della futura identità digitale (il portafoglio che consentirà a chiunque di certificare la propria identità con una qualsiasi entità pubblica o privata senza bisogno di fornire alcun documento), non è sufficiente limitarsi a convertire procedure e sistemi in modalità digitale, ma occorre ricalibrarli per evitare adempimenti e controlli inutili, potenziare l’interoperabilità, snellire e rendere più efficienti le varie fasi. Soprattutto le istituzioni regionali e locali dovranno semplificare le norme di dettaglio e facilitarne l’attuazione, introducendo meccanismi di collegamento e controllo tra i vari enti.
    In conclusione, siamo alla vigilia di un mondo completamente nuovo e indeterminato e di ciò l’Unione europea, con la sua nuova agenda, mostra di essere consapevole. Non basta disporre di laboratori di ricerca all’avanguardia. Un sistema veramente innovativo deve essere dotato di meccanismi operativi rapidi basati su procedure trasparenti e accessibili, con responsabilità definite in capo ai vari soggetti coinvolti. Solo a tali condizioni potrà fare l’auspicato salto di qualità in termini di efficienza, competitività e coesione socio-economica.

L’autore Maurizio Mensi
Membro del Comitato economico e sociale europeo (CESE) in rappresentanza di CIU-Unionquadri. Relatore del parere INT/996, “Una nuova agenda europea per l’innovazione”. Professore di Diritto dell’economia alla Scuola nazionale dell’amministrazione e di Diritto dell’informazione e della comunicazione alla Luiss Guido Carli

*Si veda in proposito l’ampia disamina in “A new European innovation agenda”, EPRS (European Parliamentary Research Service), C. Evroux, settembre 2022