Fahrenheit 451: il futuro che (non) ci piace

“Bruciare sempre, bruciare tutto. Il fuoco splende e il fuoco pulisce.”

Sono passati ormai 66 anni da quando, nel 1953, un giovane Ray Bradbury pubblicò per la prima volta, sulla nascente rivista Playboy, un romanzo in tre puntate destinato a diventare uno dei pesi massimi della letteratura distopica mondiale.
Fahrenheit 451, pubblicato per la prima volta in Italia dalla rivista Urania con il titolo “Gli anni del rogo”, è un libro che non smette mai di fornirci continui spunti di riflessione. Le sue pagine colpiscono ogni volta i nostri sentimenti a causa della loro brutale, nonché spiazzante, schiettezza.

Alla soglia del 2020, considerando la crescente attenzione ai rischi legati al futuro del nostro pianeta e della nostra specie, non possiamo fare a meno di prendere in mano la sua più recente versione, edita da Mondadori, provando a sviscerarne insieme i significati più profondi.

Fahrenheit 451

La trama di Fahrenheit 451

Guy Montag fa il pompiere, come suo padre e suo nonno prima di lui, in un mondo nel quale ai pompieri non è richiesto di spegnere gli incendi ma di accenderli.
Braccio violento di una imprecisata dittatura totalitaria che ha messo al bando la lettura, questo speciale corpo di polizia si occupa di fare irruzione nelle case dei sovversivi che conservano libri.
Il compito dei pompieri è infatti quello di bruciare i temuti oggetti con i lanciafiamme, arrestandone i proprietari grazie all’ausilio di un terrificante segugio meccanico. Questa bestia implacabile è programmata per inseguire e, all’occorrenza, sbranare senza pietà i malcapitati dissidenti.

Guy Montag adora il suo lavoro, che lo inebria con forti sensazioni di potere e di controllo, anche se la sua vita è in realtà vuota e priva di svaghi. Egli infatti non ha amici, ad eccezione dei colleghi di lavoro, e a malapena dialoga con sua moglie Mildred, la quale trascorre il proprio tempo a deprimersi davanti ai megaschermi che ricoprono le pareti del salotto e ad imbottirsi di barbiturici.

La monotona vita del pompiere viene però sconvolta da due eventi inaspettati. Prima, l’incontro con una giovane ragazza appartenente ad una famiglia di liberi pensatori lo spinge a farsi domande sulle sue reali condizioni di esistenza. Poi, quello con un’anziana signora, che preferisce bruciare insieme ai suoi libri piuttosto che separarsi da loro, lo segna profondamente. Il dubbio e l’angoscia si insinuano così in Guy Montag, il quale inizia segretamente a salvare dalle fiamme un libro alla volta, nascondendoli nel condotto di aerazione della sua casa.

Il finale di Fahrenheit 451

Spinto dalla curiosità per questi oggetti proibiti, il pompiere scopre in questo modo di possedere un’innata passione per la lettura e inizia a frequentare di nascosto un vecchio professore di inglese di nome Faber, che ha contatti con gruppi di ribelli rifugiatisi in campagna.
Mildred, spaventata dalle nuove abitudini del marito, lo denuncia alle autorità e se ne va via di casa, abbandonando l’uomo al suo destino. Tuttavia, Guy Montag riesce a mettere fuori gioco i suoi ex colleghi di lavoro giunti ad arrestarlo e, seppur ferito nella colluttazione, si dà disperatamente alla fuga.

Inseguito senza sosta dai segugi meccanici e dagli elicotteri, l’ex pompiere trova la salvezza gettandosi in un fiume e lasciandosi trascinare lontano dalla corrente. La polizia, per coprire il proprio fallimento nella cattura del sospettato, arresta e giustizia sommariamente un passante, facendolo passare per il fuggiasco agli occhi del pubblico.

Guy Montag riesce infine a raggiungere una comunità di esuli, capitanata da un certo Granger, la quale custodisce il patrimonio letterario dell’umanità. Questa gente ha imparato a memorizzare i libri evitando di possederne copie fisiche per non incorrere in rappresaglie da parte della legge. Mentre l’ex pompiere decide di unirsi alla lotta dei ribelli, la città dalla quale era fuggito viene pesantemente bombardata. Nel corso della narrazione, il regime nel quale vivono era infatti entrato in guerra contro un’altra nazione sconosciuta, nell’indifferenza più totale dei suoi abitanti.

Scampati alla devastazione, Guy Montag e i suoi compagni si avviano quindi verso le rovine per prestare soccorso ai sopravvissuti. Volendo contribuire alla costruzione di un nuovo mondo, si preparano a trasmettere il loro sapere per rendere le nuove generazioni libere dalla tirannia.

Analisi del contesto storico e commento

Il titolo del romanzo allude alla temperatura di combustione della carta (che corrisponde a circa 233 C°), facendoci fin da subito capire quale sarà il vero protagonista del racconto. Il fuoco dominerà incontrastato per tutta la durata del libro, pulsando tra le pagine in modo quasi tangibile e crescendo di intensità fino a culminare nel finale esplosivo. Tenendo conto del contesto storico in cui si formò Ray Bradbury, possiamo facilmente comprendere come proprio le fiamme rappresentino l’elemento conduttore di tutto il testo.

Gli anni oscuri del ‘900

Da assiduo frequentatore di biblioteche, Bradbury fu sempre consapevole dell’importanza vitale della cultura.
In Fahrenheit 451 è possibile cogliere tutto l’orrore dell’autore di fronte alle repressioni e alle censure perpetrate dai regimi dittatoriali del ‘900. In particolare, egli marca il ruolo svolto dai libri e dai loro autori, mettendone al contempo in risalto tutta la fragilità, sotto la minaccia dei roghi nazisti e delle grandi purghe staliniane.

Gli Stati Uniti, piegato il Giappone con le bombe atomiche, si ponevano infine come guida illuminata per il futuro.
Sembrava l’inizio di una nuova era ma ben presto il mondo cadde sotto il velo di terrore della Guerra Fredda.
Le crociate anticomuniste del senatore McCarthy contribuirono ad aumentare il clima di paranoia dell’epoca.
Le seguenti interferenze del governo nel mondo dell’arte, che portarono alla stesura della Lista Nera di Hollywood, generarono il marcato disprezzo dello scrittore nei confronti dei politici.

La fine della radio

Alla riflessione sulla libertà di opinione si aggiunge quella sui mass media. L’età d’oro della radio era ormai agli sgoccioli e la televisione iniziava ad affermarsi prepotentemente. Il potere dell’immagine illusoria degli schermi televisivi si oppone all’immaginazione, rappresentata dai libri “proibiti” e dai dissidenti politici.
Rifiutando l’ordine costituito, questi elementi scardinano lentamente le granitiche certezze di Guy Montag.

Egli arriva a compatire sua moglie Mildred, assuefatta totalmente dalla comunicazione di massa imposta dal regime. Pur soffrendo al punto da tentare il suicidio, ella non riesce ad accettare la realtà delle cose.
Mildred, per l’appunto, preferisce vivere in un costante stato di finzione, affidandosi completamente alla televisione e alle superficiali chiacchierate con le sue amiche.
Il cinismo di Ray Bradbury nei confronti dei mass media è evidente. La minaccia alla lettura equivale ad una minaccia alla libera società, che per sopravvivere necessita di menti indipendenti e focalizzate sui temi più profondi.

Un monito per l’umanità

Come ultimo punto, bisogna soffermarsi un momento sulla figura dell’anziano professore Faber. Egli, pur essendo una figura positiva, incarna la degenerazione etica della società. L’insegnante, rimproverandosi spesso la propria codardia, ci restituisce l’immagine di una classe intellettuale che preferisce pensare alla propria salvezza piuttosto che combattere per la libertà di tutti. Emblematico, ad esempio, è il momento in cui Guy Montag, per spingere il docente all’azione, è costretto a strappare di fronte a lui le pagine della Bibbia.

Fahrenheit 451 rientra pienamente nel filone della fantascienza distopica a causa della critica alla società del tempo, inserita in una più profonda riflessione sul ruolo della cultura e del libero pensiero. Infatti, tutto il testo si può leggere come un’allegoria dei machiavellismi generati dal soffocante maccartismo nella società statunitense dei primi anni cinquanta. Nonostante quel periodo storico ci possa sembrare così lontano, non si può negare il fatto che Ray Bradbury abbia lanciato un monito all’umanità. Una profezia che 66 anni fa si alzava minacciosa nel frastuono del progresso tecnologico. Oggi, alcune sue argomentazioni possono sembrarci superate ma non bisogna peccare di arroganza. Dovremmo invece prendere coscienza dei rischi che il futuro porta con sé, affrontando le prossime sfide con consapevolezza, coraggio e lungimiranza.

Il monito è stato lanciato. Sta a noi decidere se coglierlo o meno.

Michele Mattei

Nato a Tivoli nel 1994, dopo il diploma di maturità scientifica si è laureato in Comunicazione Pubblica e d’Impresa e in Media, Comunicazione Digitale e Giornalismo presso la facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione dell’Università degli Studi di Roma "La Sapienza". Appassionato di storia e di sostenibilità, attualmente scrive articoli per diverse testate e si occupa di volontariato con il Servizio Civile Nazionale in ambito sociale, culturale e ambientale.