Fake News: il contributo dell’Avv. Valeria Bianco di BD Legal

Continua il viaggio di BizDigital nel mondo delle fake news con il contributo dell’Avv. Valeria Bianco, consulente dello Studio legale BD Legal (https://www.bd-legal.it/)

Come giustamente osservavano Alessandro Alongi e Fabio Pompei, gli autori del libro “FakeDemocracy” intervistati la settimana scorsa da bd LEGAL ( https://www.bd-legal.it/bd-legal-autori-fakedemocracy/  ) le notizie false sono sempre esistite, ma solo oggi, grazie alle tecnologie dell’informazione, hanno un impatto senza precedenti nella storia umana.
Il web amplifica le c.d. bufale in maniera esponenziale e gli effetti dannosi risultano potenzialmente devastanti.
La peculiare insidiosità delle fake news, ciò che le rende “virali”, sta nella loro verosimiglianza: esse non sono del tutto false, ma contengono una parte di verità, che viene artificiosamente legata ad uno o più dettagli devianti. La parte di verità funge così da passe-partout, creando supporto alla conferma; mentre i dettagli devianti, altrettanto essenziali, risultano più sottili e difficili da riconoscere. Si sfruttano le emozioni, le lacune informative e le aspirazioni dei destinatari e l’effetto finale è dirompente.
Di qui la crescente necessità, anche e soprattutto, per il sistema giustizia di “stare al passo” coi tempi, fornendo risposte adeguate ad un fenomeno tanto pericoloso.
Nell’attesa di un intervento da parte delle istituzioni (la cui reazione, si sa, potrebbe rivelarsi drammaticamente lenta, soprattutto a fronte della velocità con cui, ogni giorno, le fake news nascono e si moltiplicano in rete), sono stati i Tribunali a dare uno “scossone” alla situazione, pronunciando le prime condanne, civili e penali, in materia.
Nell’ambito della giustizia civile, è di qualche giorno fa la notizia di una importante pronuncia, resa dal Tribunale di Torino, su un caso balzato agli onori della cronaca, che ha visto fronteggiarsi la Fondazione “Museo delle Antichità Egizie di Torino” ed un noto esponente politico accusato di aver montato e pubblicato sul proprio profilo Facebook un video “fake” con lo scopo di arrecare danno al Museo e gettare fango sull’attività svolta dall’Ente.
In esito alla causa, promossa per la tutela della reputazione e dell’immagine della Fondazione nei confronti dell’autore della campagna denigratoria perpetrata, per l’appunto, attraverso la diffusione di fake news, il Giudice della Sezione IV del Tribunale Civile di Torino, con la sentenza n. 1375/2020, pubblicata il 21 aprile 2020, ha accertato che il convenuto “ha realizzato una telefonata fasulla, una vera e propria messa in scena, montando un video e pubblicandolo sul proprio profilo FaceBook, con lo scopo di arrecare danno al Museo e gettare fango sull’attività svolta dall’ente. La condotta sanzionata configura un illecito aquiliano sia perché il diritto di critica è stato esercitato travalicando i confini della continenza e della verità, sia sotto il profilo della finalità di istigazione e manifestazione di insulti e offese gratuiti, in toni non commisurati alla rilevanza sociale ed economica dell’iniziativa e con l’evidente scopo di arrecare un danno al Museo”.
La decisione appare particolarmente significativa poiché afferma a chiare lettere che la condotta di chi confeziona e diffonde fake news e di chi incita all’odio (in motivazione viene toccato, infatti, anche il tema degli hate speech, intimamente collegato a quello delle notizie “false”) configura un vero e proprio illecito aquiliano, così come disciplinato dagli artt. 2043 e ss. cod. civ.
Posto un simile punto fermo, quali tutele competono, dunque, alla vittima di fake news (vale a dire, più propriamente, al soggetto danneggiato da un simile comportamento illecito) sul piano del diritto civile?
Allo stato, essenzialmente due:
1) una tutela di tipo inibitorio, volta ad eliminare la notizia “falsa”, cancellandola dalla rete ed impedendone l’ulteriore diffusione e/o condivisione online; tale risultato può essere il frutto di una condanna del Giudice alla rimozione del contenuto incriminato (che può essere un testo, un’immagine, un video …), come nel caso della sentenza del Tribunale di Torino sopra citata, ma può derivare anche dall’adozione di misure più “drastiche” da parte delle competenti autorità, che possono giungere fino all’oscuramento del sito o del profilo che veicola il suddetto contenuto incriminato;
2) una tutela di tipo risarcitorio, finalizzata a ristorare il pregiudizio subito dal soggetto danneggiato; tale pregiudizio sarà, per lo più, non patrimoniale (atteggiandosi come danno all’immagine o alla reputazione della parte lesa), anche se non è da escludere la ricorrenza di una componente di danno patrimoniale, in tutti quei casi in cui, ad esempio, le fake news siano usate come arma nei confronti di un concorrente o di un prodotto altrui, configurando veri e propri atti di concorrenza sleale, ovvero nel sistema della comunicazione pubblicitaria, alimentando la c.d. pubblicità decettiva e aggressiva.
Contrastare le fake news ricorrendo agli strumenti offerti dal nostro ordinamento pare quindi concretamente possibile. L’impressione che si ricava dalla lettura dei primi arresti giurisprudenziali in materia, come quello del Tribunale di Torino, è che persone fisiche e aziende non siano abbandonate ad un far west digitale in cui tutto è concesso, bensì che le stesse possano continuare a contare sulle regole e sui limiti previsti dalla legge anche nel mondo immateriale, attivando, di volta in volta, i più opportuni strumenti di tutela a loro disposizione.