I limiti elettromagnetici non devono essere innalzati!
In merito alla recente richiesta di innalzamento dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici, le Associazioni e i Comitati chiedono di mettere al primo posto la salute dei cittadini, non le ragioni del potere economico
In Italia non si contano più i tentativi, da parte delle imprese delle comunicazioni, di innalzamento dei limiti di legge di esposizione ai campi elettromagnetici, con la scusa di cogliere appieno le potenzialità dello sviluppo della tecnologia 5G. L’ultima richiesta è quella presentata il 22 febbraio da Assotelecomunicazioni alla X Commissione permanente del Senato, nell’ambito della discussione sul decreto Concorrenza (AS 2469), per l’innalzamento dei valori di esposizione elettromagnetici da 6 V/m a 61 V/m, che nel documento motiva: “nello studio del Politecnico di Milano per Asstel che ha stimato, in presenza degli attuali limiti, la necessità di 27.900 interventi aggiuntivi, sia in termini di reingegnerizzazione di siti esistenti, sia di siti nuovi, con un esborso incrementale per questo motivo di circa 4.0 miliardi di euro a carico degli Operatori radiomobili”.
Associazioni, enti, comitati e cittadini, si appellano alla Commissione Industria del Senato affinché rigetti la richiesta, definendo una volta per tutta la sua posizione contraria a riguardo, considerandola una minaccia per la salute pubblica e la biodiversità.
“Nessuna ragione tecnica o economica può giustificare un rischio di salute per la popolazione e la biodiversità. – hanno commentato i firmatari – Innalzare il limite portandolo a 61 V/m, significa ignorare le ragioni sanitarie che dimostrano la presenza di effetti biologici non termici, anche molto gravi, fino a forme tumorali, causati dalle frequenze già in uso. Evidenze che fotografa anche l’ultima ricerca Health impact of 5G dell’Istituto Ramazzini pubblicata dal Servizio di Ricerca del Parlamento Europeo. Per questo chiediamo con forza alla Commissione Industria del Senato e ai parlamentari tutti di dare voce alla ricerca e alla scienza, e non alle ragioni del potere economico, mettendo al primo posto la salute dei cittadini”.
Diverse le ragioni che spiegano la forte e decisa opposizione a quanto richiesto da Assotelecomunicazioni. In primo luogo, che i “livelli di riferimento” di cui all’allegato III della Raccomandazione del Consiglio 1999/519/CE di 61 V/m per gli effetti termici, gli unici effetti considerati, risultano essere circa 10 volte più elevati, in termini di campo elettrico dai 6 V/m previsti dal valore di attenzione vigente in Italia, e 100 volte più alti in termini di densità della potenza. Va precisato, quindi, che i 10 W/mq previsti dalla Raccomandazione Europea vanno confrontati con gli 0,1 W/mq del nostro DPCM 8/7/2003.
Inoltre, non risulta corretta l’affermazione di Assotelecomunicazioni secondo la quale, per la banda di frequenza a 3.6 GHz, le raccomandazioni internazionali prevedono un limite massimo di 61 V/m contro i 6 V/m italiani. Infatti, il limite vigente sul territorio italiano in quella banda di frequenza è di 40 V/m mentre i 6 V/m rappresentano il valore di attenzione, ossia il tetto massimo di esposizione riferito specificamente ai luoghi a permanenza non inferiore alle 4 ore giornaliere. Per di più non è da trascurare l’anomalia introdotta dalla legge n. 221/2012, che porta già ad un aumento surrettizio dei parametri di esposizione grazie alla misura dei valori dei campi elettromagnetici, da confrontare con il valore di attenzione, come valore medio sulle 24 ore e non più come valore medio su 6 minuti.
Si ricorda alla Commissione del Senato e ad Assotelecomunicazioni, che la stessa Raccomandazione 1999/519/CE afferma che “gli Stati membri hanno facoltà, ai sensi del Trattato, di fornire un livello di protezione più elevato di quello di cui alla presente Raccomandazione”, specificando quindi che non esiste alcun obbligo di adeguamento agli standard europei. Come non esiste neanche un’incompatibilità tra la normativa italiana e l’implementazione delle nuove tecnologie. Tanto che le stesse Agenzie per l’Ambiente ritengono che “la realizzazione del 5G possa avvenire con il mantenimento degli attuali limiti di legge attraverso la definizione di criteri progettuali efficienti come, ad esempio, il corretto dimensionamento e posizionamento degli impianti sul territorio”.
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